A colloquio con Dimitri Gramenzi, 27 anni, abruzzese, founder di Eldar Lab e curatore del design e delle caratteristiche tecniche e commerciali dell’innovativa start up.
Molte idee nascono ma restano sogni nel cassetto: come è nata l’idea e cosa ti ha motivato a portarla avanti?
Fin da bambino ho sempre nutrito una strana passione per tutto ciò che non sai convenzionale, tutto ciò che in un certo qual modo va aldilà dagli schemi e sia in grado di stupire ed emozionare.
Circa due anni fa, mentre ero in facoltà, navigando in internet ho trovato per caso uno strano bando indetto dalla regione del Veneto per idee innovative con potenziale internazionale per diventare Startup di successo. All’epoca non sapevo neppure cosa fosse una Startup , ma ritenendo di avere una chance e volendomi mettere in gioco ho partecipato al concorso. Tra le mille idee che mi frullavano in testa una in particolar modo mi era più a cuore, quella che oggi si chiama Eldar Lab e riempie le mie giornate tra lavoro e studio sogno e realtà. Una Startup formata da un team di ingegneri che progetta applicazioni ed oggetti, caratterizzati da una visione peculiare del rapporto uomo-natura. Ho cercato così di fondere tra loro due passioni che ho da sempre: l’amore ed il rispetto per la natura e la tecnologia applicata a modelli di sviluppo sostenibile.
Credo fortemente in questo progetto e ne sono molto appassionato , ho fiducia e rispetto dei mie collaboratori, è grazie a loro se oggi esiste la nostra realtà. Sono questi gli stimoli che mi danno forza e mi spingono ad andare avanti nel superare le mille difficoltà che si incontrano quando si decide di tirare un sogno fuori dal cassetto.
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Che peso ha avuto il fatto di essere studente di ingegneria? L’università ti ha aiutato nelle prime fasi della start up?
Sicuramente per un’attività come la nostra, aver affrontato studi tecnici mi ha donato un buon background da cui poter attingere delle risorse per sviluppare un prodotto ed un progetto d’impresa.
Tuttavia creare una realtà imprenditoriale è molto complesso, le sole basi ingegneristiche non sono sufficienti per affrontare tutti gli aspetti legati al mondo dell’impresa. Negli ultimi periodi le università in Italia sono sempre più sensibili sul tema dello sviluppo imprenditoriale, ma siamo ancora agli inizi e c’è molto da fare. Personalmente all’interno della facoltà ho trovato alcuni docenti e ricercatori che mi hanno dato una mano, nonostante si trattasse di attività extra formative. Devo anche ringraziare un mio docente delle scuole superiori che ha creduto nel mio progetto ed oggi è al mio fianco nella gestione della società.
Avresti mai pensato di diventare un imprenditore? È sempre stato il tuo sogno in qualche modo?
L’idea di fare impresa non mi sfiorava minimamente, se mi avessero chiesto qualche anno fa il mio pensiero al riguardo, avrei risposto di essere lontano anni luce dall’idea di intraprendere tale cammino. Credo che la scintilla sia partita dal desiderio che nutro nel dimostrare di possedere idee valide che possano essere concretizzate. Ho sempre sognato di creare qualcosa, e crescendo ho capito che l’unico modo possibile affinché ciò accada è perseverare, imparare dai propri sbagli, farne tesoro e non arrendersi di fronte agli ostacoli.
Che consiglio ti sentiresti di dare agli studenti di ingegneria nelle università italiane?
Il consiglio che mi sento di dare loro è quello di credere nelle proprie capacità. Se sentite dentro di voi il bisogno di esprimervi e di proporre le vostre idee ed i vostri progetti, siate liberi di farlo. In molti saranno scettici, e se potessero scommettere punterebbero sul vostro fallimento. La strada da percorrere sarà tutta in salita, la vostra tenacia sarà l’unico strumento che avrete per scavalcare gli ostacoli che si presenteranno ogni giorno. Alla fine se sarete stati bravi, fortunati, un po’ folli e capaci, la soddisfazione di poter affermare che avevate ragione, sarà tutta vostra.