Aumenta costantemente il numero degli italiani che scelgono di effettuare i propri acquisti online, ma le imprese italiane che si sono dotate di un canale e-Commerce sono solo 40mila. Tra queste si distinguono per dinamismo e proposte le aziende di abbigliamento e accessori, comparto che pesa quasi il 10 per cento sulle vendite dell’online.
Immaginate un centro commerciale popolato di potenziali clienti che cercano il vostro prodotto o servizio. Tutte le insegne vendono e vedono crescere esponenzialmente il fatturato, tutte tranne voi. Perché? Perché voi non ci siete in quel centro commerciale, avete deciso di non aprirci nessun negozio. È quello che sta succedendo in Internet. Se da una parte infatti aumenta costantemente il numero degli italiani che scelgono di effettuare i propri acquisti online, dall’altra le imprese italiane che si sono dotate di un canale e-Commerce sono solo 40mila, contro le 800mila a livello europeo, di cui 200mila solo in Francia (dati Netcomm e-Commerce Forum 2016). E quindi, ai quasi 20 milioni di eShopper nostrani che hanno comprato in rete negli ultimi tre mesi, di cui circa la metà sono clienti abituali, non resta che guardare altrove. Naturalmente, il rovescio della medaglia è che il margine di crescita di questo settore è altissimo.
Tra i comparti trainanti dellʼe-Commerce cʼè lʼabbigliamento, che con 1.512 milioni di euro, pesa per il 9 per cento, secondo i dati del 2015 riportati dallʼOsservatorio e-Commerce B2c del Politecnico di Milano, confermati dalla fotografia scattata dalla IX edizione del Global Lifestyle Monitor, lʼosservatorio Cotton Usa che su base biennale rileva gusti, preferenze e comportamenti dʼacquisto dei consumatori italiani e stranieri.
L’abbigliamento è tra i comparti trainanti dell’e-Commerce con 1.512 milioni di euro e pesa per il 9 per cento.
L’identikit di chi acquista moda online
Per il 43% degli italiani gli acquisti online di abiti partono da siti di e-Commerce, valore in crescita costante negli ultimi quattro anni. A seguire siti di brand (31%), motori di ricerca (23%) e app di e-commerce (23%). Le donne sono, in generale, più propense ad acquistare abbigliamento online rispetto agli uomini (11% contro 7%). Le donne sono però anche più interessate alla possibilità
di toccare gli abiti (58%) rispetto agli uomini (53%), ma anche a ottenere informazioni più dettagliate riguardo alla taglia (69% contro il 63% degli uomini). Ulteriori fattori che influenzano gli acquisti online sono la disponibilità di informazioni riguardo la vestibilità (62%) e il poter visionare i dettagli di un capo di abbigliamento (61%). Le buone immagini risultano quindi fondamentali per attivare il processo di acquisto online.
Resistono però alcuni dubbi. La maggiore preoccupazione per gli italiani è di non poter provare gli abiti prima dell’acquisto (60%), dato che ci distingue in particolare dai consumatori tedeschi (39%). Gli italiani ritengono di fondamentale importanza la possibilità di toccare gli abiti con mano: il 55% è preoccupato di non poterlo fare acquistando online. Il dato è particolarmente significativo, considerando che più di 9 italiani su 10 (96%) dichiarano di controllare lʼetichetta dei capi per controllarne il contenuto di fibra prima di effettuare il proprio acquisto.
In principio fu Yoox.com
In risposta alla domanda di eShopping, le aziende che scelgono lʼon line si sono attrezzate con diversi modelli di business. Si va dalle boutique multibrand alle vetrine on line delle grandi griffe, alle startup che puntano sulla personalizzazione dei servizi e al noleggio. In principio, sedici anni fa, fu Yoox.com, allora startup nata da una idea di Federico Marchetti, ai tempi 31enne, che voleva coniugare Internet e Moda. Anche grazie allʼinvestimento del fondo di venture capital di Elserino Piol, a differenza di tante altre dot.com scomparse quellʼanno, Yoox ha tenuto duro, avviando cosi la sua mission nel diventare “il leader globale nel luxury fashion e-commerce”, come dichiarato nel suo business plan iniziale.
Nel 2015 la fusione tra YOOX Group e The Net-A-Porter Group ha dato vita a un nuovo gigante del lusso tecnologico. Intanto in Italia sono arrivati tra gli altri Zalando e Showroomprive.com, portale nato in Francia nel 2006 adottando come modello di business quello delle flash sale. In questo caso la formula è quella delle “vendite private”: gli iscritti vengono invitati a comprare in certi periodi un certo numero di marchi con prezzi particolarmente vantaggiosi.
La nostra strategia – spiega Virginia Hernández – International PR Manager and Business Development di Showroomprive.com – è mettere i consumatori al centro, capire le loro esigenze, cosa desiderano trovare quando accedono al tuo sito e presentarlo nella maniera più semplice e diretta possibile. Rispetto ad altri paesi come la Francia, in cui ad esempio la vendita per catalogo era già una modalità comune, in Italia il commercio elettronico non si è integrato da subito in modo così naturale. L’approdo nel settore e-Commerce di grandi gruppi della moda nazionale e internazionale (come ad esempio Inditex) è stato molto positivo per lo sviluppo di tutto il comparto fashion online, così come il rapido sviluppo del mobile sta accelerando il salto per molte aziende.
Lo scorso anno Showroomprive.com ha creato il progetto Look Forward, un incubatore di startup focalizzato su progetti tecnologici e innovativi legati alla moda.
Accanto ai pionieri nostrani e internazionali ci sono anche brand del Made in Italy con una lunga e nota tradizione, che hanno fatto la scelta non meno rivoluzionaria, visto il numero esiguo di imprese digitalizzate che abbiamo menzionato prima, di dotarsi di proprio canale e-Commerce, superando per esempio il timore che lʼon line cannibalizzasse il negozio fisico e viceversa.
È il caso del marchio Luisa Spagnoli che nel 2015 ha lanciato lo store on line raggiungibile dal sito istituzionale luisaspagnoli.it e allʼindirizzo shop.luisaspagnoli.it. Lo store online, in italiano e inglese, è visitabile 24h su 24h e garantisce la spedizione verso tutti i paesi dell’Unione europea, Balcani, Svizzera, Australia, Canada e Stati Uniti. La piattaforma è concepita per essere compatibile con tutti i device, smartphone, tablet e desktop. Oltre a mostrare i prodotti delle varie collezioni da diverse angolazioni, lo shop suggerisce abbinamenti e total look, come un vero personal shopper dedicato.
Nonostante la presenza capillare sul territorio con oltre 150 monomarca in tutta Italia e più di 50 allʼestero – ha dichiarato Nicoletta Spagnoli, AD e presidente dellʼazienda – consideriamo strategica la scelta di varare il progetto e-commerce, per soddisfare le richieste della nostra clientela sempre più internazionale, giovane non solo anagraficamente, abituata ad usare le nuove tecnologie digitali e con poco tempo a disposizione.
Cʼè poi chi, come la ventottenne Alexandra Alberta Chiolo, torinese, ha deciso di vendere i propri articoli solo on line. Cinque anni fa Alexandra ha lanciato sul mercato Le Albertine, scarpe con tacchi e plateau intercambiabili, che possono diventare alte o basse a seconda delle esigenze del momento. Grazie a un click brevettato si possono agganciare elementi di diversa altezza, colori e materiali alla medesima tomaia, tutti acquistabili separatamente. Nel 2015 ha avuto inizio il processo di commercializzazione, che ha generato ricavi per circa 300 mila euro.
Le prime vendite si sono concentrate sullʼattività diretta svolta attraverso il nostro sito e-Commerce alexandraalbertachiolo.com – racconta Alexandra – al quale oggi stiamo affiancando il canale retail. Il canale della vendita online ha due grandi vantaggi, uno generale ed uno strettamente legato al mio prodotto: il primo è che crea uno store potenzialmente visibile e raggiungibile da tutto il mondo, il secondo riguarda il maggior controllo sull’uscita dei prodotti dal magazzino. Nel caso delle Albertine questo è molto importante perché come ogni prodotto modulare richiede maggiore attenzione in tutte le fasi, anche quella finale della spedizione.
“Credo che la moda traini lʼe-Commerce – commenta Marc Sondermann, direttore responsabile di Fashion e AD di Edizioni Ecomarket – perché si trova già in una fase intermedia rispetto ad altri settori, ha superato il rodaggio iniziato una quindicina di anni fa. Dʼaltra parte, penso che il numero limitato di aziende che si sono digitalizzate si spieghi soprattutto con la dimensione medio piccola delle imprese italiane, con il momento storico che stiamo vivendo che in qualche modo frena gli investimenti, anche se la voglia di tentare strade nuove cʼè. E poi alcune criticità legate soprattutto allʼalto tasso di internazionalizzazione come la fiscalità, le questioni di logistica che impattano sulle consegne, i pagamenti. Inoltre, non sempre chi investe nellʼonline riesce a individuare il modello di business vincente. Dal digitale però non si può più prescindere, nemmeno i brand dellʼartigianato che hanno una consolidata tradizione alle spalle. Si tratta di affrontare il cambiamento con entusiasmo, raccontandosi con autenticità e affidandosi a mani esperte”.
“Nello spazio di 5 anni siamo passati da 9 milioni di acquirenti online a oltre 18 milioni – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. Un raddoppio della domanda che deve far riflettere a fondo le imprese. Entrando nei numeri presentati oggi, rileviamo che nel primo trimestre di questʼanno la percentuale degli acquisti originati da dispositivo mobile è stata del 21%, di cui circa la metà su un sito web e lʼaltra metà via app, sottolineando la crescente ascesa della cosiddetta app-economy. Inoltre, vale la pena sottolineare che se con lʼe-Commerce i negozi sono andati online, quello che stiamo vivendo in questo momento è un ulteriore salto evolutivo del settore, con lʼingresso del digitale allʼinterno del punto vendita fisico. Lʼacquirente digitale potrebbe voler essere riconosciuto quando entra in un negozio, avere uno scaffale virtuale con i prodotti di proprio interesse, individuati sulla base degli acquisti precedenti, sapere come i propri contatti social li recensiscono, godere di promozioni personalizzate, essere invitato a navigare nel negozio da strumenti di microlocalizzazione e pagare con un clic”. Tuttavia a questa maturità da parte del consumatore fa riscontro ancora un ritardo sul lato delle imprese che non si sono digitalizzate con lo stesso ritmo. «In Italia – afferma Liscia – sono state censite appena 40mila imprese che vendono online, contro le 800mila a livello europeo di cui 200mila solo in Francia: cinque volte le nostre. In questo modo le aziende italiane non solo perdono quote di mercato sugli acquirenti italiani, ma rischiano di perdere fatturati anche da clienti esteri”.