Una start up per abbattere l’omologazione culturale nell’era di Amazon e delle librerie di catena
Michela Gualtieri ha 32 anni e una passione smodata per i libri. Lei stessa si definisce una “lettrice accanita” e chissà, forse, è stato proprio questo a spingerla a fondare Tribook, una start up “tribù”, appunto, che riunisce lettori e librai di Milano (presto anche in altre città), una vera e propria community che punta a valorizzare il pluralismo culturale attraverso lʼe-commerce di prossimità delle librerie indipendenti. Un progetto innovativo capace di coniugare al contempo elementi di tradizione e tecnologia, grazie allʼincontro dei lettori con librai esperti e alla possibilità di comprare anche online, scegliendo quindi di adottare una filosofia di acquisto “a km zero”. Da tempo, ormai, le librerie indipendenti tentano di fronteggiare la crisi divenendo “altra cosa”, realizzando ambienti coworking, cucinando pasti frugali e utilizzando i contatti con gli uffici stampa per organizzare eventi con gli scrittori o reading collettivi. La concorrenza del gigante e-commerce Amazon e della grande distribuzione, come i megastore Feltrinelli e Mondadori, mettono sempre più a rischio il concetto di bibliodiversità, quella varietà culturale fra i titoli proposti che ci permette di abbattere lʼomologazione e preferire la qualità alla quantità (secondo il Rapporto sullo Stato dellʼEditoria, sono 61.000 i nuovi titoli su carta pubblicati in Italia nel 2014).
Per Tribook, decidere di valorizzare le librerie indipendenti significa, quindi, garantire, attraverso la molteplicità di attori e voci, la persistenza del pluralismo culturale e di un mercato editoriale vario e indipendente.
Michela, raccontaci di Tribook e del perché hai scelto proprio la città di Milano per il tuo progetto di start up?
«Lʼidea di creare una start up “tribù” di lettori e librai indipendenti nasce da un bisogno che sentivo io stessa come lettrice accanita: quello di poter acquistare in maniera comoda e rapida direttamente dai librai della città, con la certezza della disponibilità del libro che stavo cercando. La scarsità di tempo per reperire un particolare titolo si sommava al desiderio di continuare a sostenere, con il mio acquisto, le librerie di quartiere. Milano, oltre ad essere la città in cui già vivevo e lavoravo, è quella in Italia in cui si vendono più libri, la capitale dellʼeditoria e della lettura».
Le librerie indipendenti si pongono oggi come preziose, seppur piccole, realtà editoriali, capaci di emergere in un mercato fortemente caratterizzato dallʼomologazione culturale. Qual è la chiave del successo di un libraio indipendente?
«Da quello che ho potuto osservare, le librerie indipendenti che hanno successo oggi sono di due tipi: librerie molto specializzate, che puntano sulla verticalità dell ʼofferta di titoli e in questo modo riescono a diventare dei punti di riferimento per un determinato argomento, anche a livello nazionale; le librerie generaliste, che sanno instaurare un rapporto di fiducia con il cliente e diventare dei centri di aggregazione sociale. Lʼessenziale è sempre distinguersi, creare una propria identità riconoscibile, saper offrire lʼapporto umano e intellettuale che manca nella grandi catene o nei grandi store online. Quando ho avviato questa start up lʼho fatto con lʼobiettivo di offrire unʼalternativa allʼacquisto online di tipo impersonale e massificato».
Tribook ha ottenuto il finanziamento della Fondazione Cariplo grazie al programma IC – Innovazione Culturale. Di cosa si tratta?
«È un bando che Fondazione Cariplo riserva ai progetti innovativi in ambito culturale. Quello del 2015, in cui è rientrato Tribook, ha coinvolto un team di 12 persone che, rimasti finalisti dopo tre fasi di selezione, hanno partecipato a un percorso di incubazione di tre mesi. Al termine, ogni team ha presentato alla Fondazione un business plan con richiesta di finanziamento. Sono stati 11 i progetti che la Fondazione ha deciso di finanziare, per un totale complessivo di un milione di euro».
In che modo Tribook coniuga la passione per uno dei mestieri editoriali più antichi con la necessità, oggigiorno, di essere al centro di un inarrestabile processo evolutivo nella comunicazione digitale?
«È una sintesi difficile, tra tradizione e innovazione, offline e online, ma è anche un trend che si riscontra, con successo, in molti altri settori. Penso sia alle grandi catene di negozi, che tendono a offrire servizi integrati tra il loro sito e i punti vendita (per esempio: lʼacquisto online e il ritiro in negozio), ma anche alla grande diffusione del food delivery tramite le applicazioni mobile che aggregano i diversi ristoratori, o ai progetti web che valorizzano lʼartigianato e i makers locali (come Italian Stories). Nella start up siamo in quattro, per la maggior parte del tempo non lavoriamo insieme in presenza, ma siamo in costante contatto tramite tutti gli strumenti a disposizione. Responsabilità e competenze sono sufficientemente distinte, ma organizziamo riunioni periodiche per confrontarci sui temi generali, più strategici, che coinvolgono tutti. Lavoriamo quasi ogni weekend».
Pensi che la vera sfida nel futuro dellʼeditoria moderna sia la bibliodiversità?
«Sì, in un mercato editoriale che si sta sempre più concentrando nelle mani di pochi e potenti player la vera sfida è riuscire a mantenere unʼofferta varia e indipendente.
Nel mercato culturale, il monopolio non ha ripercussioni solo economiche, ma influisce sulla libera circolazione dei contenuti e quindi delle idee. Ci sono piattaforme di e-commerce che influiscono pesantemente sulle scelte degli editori, per quanto riguarda i libri da mettere in promozione, i testi delle schede di presentazione, persino i prezzi, arrivando in alcuni casi
a nascondere dai risultati di ricerca i titoli degli editori che non sottostanno alle condizioni imposte. In maniera simile, in un Paese come lʼItalia in cui i grandi gruppi editoriali sono proprietari anche delle società di distribuzione e delle grandi catene di librerie, si avvantaggiano di una sovraesposizione sugli scaffali dei punti vendita. Questo significa che ci sono libri che non raggiungeranno mai i loro lettori. Solo la molteplicità di attori e operatori può impedire questa distorsione».
Consigli ad aspiranti imprenditori e giovani startupper?
«Gli stessi che sono stati dati a noi: studiare il mercato, essere recettivi e non innamorarsi delle proprie idee, creare un team dalle competenze variegate, confrontarsi sempre molto con altri startupper e con possibili clienti, perché così nascono le idee migliori».
Cosa fare di più per la valorizzazione, oltre che per la sopravvivenza, delle librerie indipendenti?
«Comprare dal vostro libraio di fiducia. O su Tribook»