ANDREA BERTON: UN ASSO NEL PANORAMA CULINARIO INTERNAZIONALE. NON SOLO STELLE NEL PALMARES DEL GRANDE CHEF

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Andrea Berton nasce in Friuli nel 1970. Inizia la sua avventura in cucina a Milano nella brigata di Gualtiero Marchesi in Via Bonvesin de la Riva. La sua formazione prosegue nei migliori ristoranti del mondo: prima da Mossiman’s a Londra, poi all’Enoteca Pinchiorri a Firenze, e infine al Louis XV di Montecarlo sotto la guida di Alain Ducasse.
Dal 1997 al 2001 si impegna come Chef alla Taverna di Colloredo di Monte Albano, guadagnando la sua prima stella Michelin. Dopo questa importante conquista torna da Marchesi come Executive Chef del gruppo. Nel 2005 inizia la collaborazione con il Ristorante Trussardi alla Scala dove ottiene numerosi riconoscimenti quali la prima stella Michelin nel 2008 e la seconda stella nel 2009, le tre Forchette dal Gambero Rosso nel 2010 e tre Cappelli nella guida dell’Espresso nel 2011. Nel 2012 decide di dedicarsi a consulenze nel posizionamento, nell’ideazione e nello sviluppo di progetti di ristorazione di qualità. Con un gruppo di soci a settembre 2012 apre Pisacco, Ristorante e Bar, e, nel luglio 2013, DRY Milano, Cocktail&Pizza.

Il ritorno alla “sua” cucina avviene con l’apertura del Ristorante Berton dove lo Chef presenta “piatti moderni” con una valorizzazione degli ingredienti di base, e la rivelazione di alcuni ingredienti poco conosciuti. Inaugurato nel dicembre 2013, il Ristorante che porta il nome dello Chef si caratterizza per una cucina dove i sapori sono sempre riconoscibili al palato. Grande importanza all’interno del menu ha il brodo che, nobilitato a piatto vero e proprio, rappresenta la massima sintesi dell’ingrediente principale di ogni piatto. A riprova della grande dedizione e professionalità dello Chef, nel novembre 2014, a neanche un anno dall’apertura del suo Ristorante, Berton ottiene una Stella Michelin.
Oggi lo Chef è impegnato in molteplici attività di consulenza a livello internazionale, con un focus nel settore dell’ospitalità.

Qual è stato il momento o l’evento che ha acceso la sua passione per la cucina?
La passione è nata quando ero ragazzo, attorno agli otto o nove anni. Mi piaceva vedere mia madre cucinare e osservare la trasformazione degli ingredienti, anche se non era particolarmente brava. Inoltre, mio padre mi portava spesso al ristorante, e preferivo stare davanti alla cucina a guardare i cuochi, anziché sedermi a tavola. Questi piccoli eventi hanno acceso in me il desiderio di approfondire e fare della cucina una professione.

Ci sono stati mentori o figure ispiratrici nel suo cammino?
Il mio primo mentore è stato Gualtiero Marchesi. Ho iniziato a lavorare con lui nell’89, e mi ha fatto capire l’importanza del nostro mestiere. Anche Alain Ducasse è stato fondamentale per la mia crescita, specialmente sul fronte manageriale.

Quali sono state le sfide più grandi nel suo percorso per diventare uno chef stellato?
Non si tratta di fare cose straordinarie, ma di svolgere bene il proprio lavoro e affrontarlo con naturalezza. Ho sempre cercato di rispettare la qualità, la creatività e l’originalità, esprimendo me stesso e accogliendo anche gli spunti dal mio team.

In che modo cerca di innovare e distinguersi nel panorama culinario contemporaneo?
L’innovazione è parte del nostro lavoro. Ad esempio, quando ho aperto il mio ristorante, ho introdotto un menù basato sui brodi, una novità per l’epoca. Il brodo, normalmente relegato a ingrediente di preparazione, è diventato il protagonista dei miei piatti.

Qual è la filosofia dietro la scelta del luogo per il suo ristorante?
Quando ho deciso di aprire il ristorante, cercavo un luogo nuovo, senza una storia pregressa, che mi rappresentasse. Ho scelto Porta Nuova a Milano, una zona moderna e in crescita, che sentivo affine alla mia visione.

Qual è il ruolo di uno chef oggi, oltre alla preparazione del cibo?
Oggi, lo chef deve essere anche un comunicatore e promuovere la qualità del “Made in Italy”. In passato, il cuoco restava dietro le quinte, ma oggi siamo ambasciatori del turismo gastronomico e della cultura culinaria.

Come riesce a mantenere un equilibrio tra tradizione e innovazione nei suoi piatti?
La tradizione è fondamentale per capire da dove veniamo, ma bisogna saperla evolvere. Le preparazioni devono essere attuali, leggere e digeribili, rispettando le cotture e la reazione dei prodotti, ma adattandole al nostro tempo.

Come vede il futuro della gastronomia e quali tendenze domineranno nei prossimi anni?
Penso che il cibo diventerà sempre più centrale nella vita delle persone. Oggi, tutti sono più interessati e curiosi del mondo gastronomico rispetto al passato. Il futuro sarà legato alla qualità a tutti i livelli.

Quali sono le sue tre canzoni preferite?
Una delle mie canzoni preferite è “Cu’mmé” di Mia Martini e Roberto Murolo, che ho usato per chiedere a mia moglie di sposarmi. Mi piace molto anche la canzone “Il più grande spettacolo dopo il Big Ben” di Lorenzo Cherubini per l’energia che sprigiona nelle sue canzoni. L’ultima, direi “Cold Heart” di Elton John e Dua Lipa.

A cura di Christian Gaston Illan e Luca Sardi

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