LA BELLEZZA RINASCIMENTALE RIVIVE IN FEMINA AV

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Riccardo Giovinetto è un fisico e professore universitario, che da anni segue un suo percorso artistico tra composizioni di musica elettronica,

studi sulla intelligenza artificiale, passioni per l’arte e la pittura rinascimentale, letture su Zygmunt Bauman e Umberto Eco, utilizzo di nuove tecnologie, sperimentazioni ed esplorazioni di nuovi processi creativi, creazione di installazioni e performance audio visive.
Con la sua ultima performance audiovisiva, “Femina Av”, che presenterà a Milano, durante il FOG Performing Arts Festival, il suo sguardo ci porterà ad esplorare l’idea di grazia attraverso l’occhio di alcuni noti pittori rinascimentali. Un viaggio anche di riflessione artistica sulla celebrazione della bellezza femminile, attraverso sculture digitali “liquide” e “bozzetti” sonori improvvisati, manipolati in presa diretta che interagiscono in tempo reale.

Alla Triennale di Milano, per il Festival FOG, porterai il progetto “Femina Av”. Ci racconti come nasce?

“Femina Av”, nasce da idee e suggestioni che ho raccolto e approfondito negli ultimi anni. Volevo lavorare su del materiale che fosse parte di un “sentire collettivo”, che si muovesse all’interno del perimetro delineato dal concetto di “bellezza” principalmente in termini di armonia ed equilibrio delle parti, e che si confrontasse con la tradizione italiana permettendomi di lavorare liberamente con il digitale. Dopo una prima fase di ricerca ho individuato l’arte rinascimentale come ambito su cui concentrare il lavoro, lentamente ho messo a fuoco i soggetti e poi i pittori e da quel punto di partenza ho iniziato il processo creativo vero e proprio.

Se nei capolavori pittorici rinascimentali la bellezza era racchiusa nelle figure e nei volti femminili, oggi a tuo avviso dove la troviamo?  Qual è la tua idea di bellezza?

In questa fase storica non riesco a vedere un elemento che contraddistingue la bellezza in maniera univoca o almeno preponderante. Continuo a ricercare nella categoria dell’equilibrio, nella proporzione delle parti, in forme naturali che mantengono uno sviluppo armonioso, in un bosco ampio e vigoroso, in un paesaggio dai lineamenti organici o nell’articolazione rigorosa di un pensiero o ancora in un gesto elegante.

Come può oggi l’Intelligenza Artificiale riconoscere la grazia e la bellezza “classica”, seppur attuale?

Gli algoritmi sono e restano algoritmi. Non credo che la connessione delle informazioni sia sufficiente per comprendere (inteso anche come un riuscire a tenere tutto insieme) e riconoscere. Non ho idea di come possa evolvere in relazione a ciò che ancora non abbiamo fatto o creato ma dubito fortemente che ci possa aiutare a far evolvere questa qualità in termini di riconoscimento di nuova bellezza… temo anzi che possa portare ad omologazione e a chiusura in relazione a nuove forme che non siano presenti in “catalogo”.

Come nascono le tue performance audio-video, installazioni e composizioni da concerto. Come mantieni viva la tua ispirazione?

Quando non sono in produzione faccio molta ricerca. Individuo un ambito che mi interessa, un tema o un concetto, e poi per lungo tempo raccolgo materiali, immagini, film, articoli… e piano piano capisco se c’è lo spazio per uno sviluppo, se l’intuizione o l’interesse che avevano mosso la fase di esplorazione hanno, come dire, fondamento artistico e spazio per creare un nuovo lavoro. Se così è procedo, in caso contrario, cambio strada…

La performance “Femina Av”, sembra svolgersi in un contesto buio, che ricorda la notte. La notte rimane ancora per un artista introspezione, creatività spontanea, improvvisazioni fuori controllo, libertà di desideri e del proprio ego?

Forse, ma non per me… la mia routine è molto diversa. Sveglia presto e cicli di lavoro scanditi dal ritmo del giorno. Preferisco l’alba, sono molto più lucido ed avere la possibilità di uscire alla luce del giorno nelle pause dallo studio è vitale… nella speranza che ci sia il sole.

Sei professore universitario, artista visivo e multimediale, direttore artistico, musicista, in quali di questi ruoli ti rifletti e “dialoghi” maggiormente?

I progetti Audio Video sono, in questo momento, la pratica che più mi interessa e mi assorbe. Al loro interno c’è quasi tutto quello che ho imparato negli ultimi 15,20 anni di attività. Musica, forme, colori, programmazione, flusso narrativo, composizione… e offrono più spazio per immaginare e creare; detto questo penso che la didattica, sebbene sia molto faticosa, resti una parte della mia attività vitale, il rapporto con studenti e studentesse è linfa che mi mantiene reattivo nei confronti del contemporaneo e vigile rispetto alle nuove evoluzioni del linguaggio.

Condividi con noi un artista multimediale di ultima generazione che ti ha colpito particolarmente? Hai degli artisti a cui ti ispiri e che sono per te un punto di riferimento per i tuoi progetti?

Per quanto riguarda artisti di ultima generazione non saprei fare un nome, credo sia una fase di passaggio, di trasformazione in cui io non riesco al momento ad individuarne uno/una che abbia una linea definita. Mentre per gli artisti che per me sono o sono stati dei punti di riferimento posso fare tre nomi: Ryoichi Kurokawa, Martin Messier ed Herman Kolgen.

Tornerai a collaborare con Christian Fennesz?  Ci anticipi a cosa stai lavorando, a qualche progetto futuro e in corso? Quali strade prederanno le tue ricerche “artistiche”?

La collaborazione con Christian si è conclusa con il disco “Senza Tempo” (pubblicato da Touch) di un anno e mezzo fa. Con il progetto “Ozmotic” stiamo aprendo nuove collaborazioni (con Julia Kent) e abbiamo un nuovo spettacolo in quadrifonia ed in interazione con le luci che abbiamo appena presentato in una stagione teatrale a Torino. Per quanto riguarda i miei progetti personali sto lavorando ad una nuova produzione (Humī) che vedrà la luce in estate: progetto AV che si concentra sul tema del confine ed esplora l’idea di elaborare geografie immaginarie a partire da ciò che vedono gli occhi tecnologici dei satelliti.

A cura di Marco L. Tosi

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