Lo smartworking, ovvero lavoro intelligente, è il contenuto della nuova proposta di legge che sarà presentata in Parlamento il prossimo gennaio e firmata da Pd, Nuovo centrodestra e Scelta civica, nelle persone di Alessia Mosca, Barbara Saltamarini e Irene Tinagli, con l’ambizione di conciliare maggiormente la professione lavorativa e la famiglia e, nel contempo, di garantire performances migliori alle aziende. Si tratta di un’evoluzione, definita “leggera”, del telelavoro, grazie alla quale i dipendenti di un’azienda potranno decidere se lavorare da casa o in ufficio, nel rispetto delle esigenze produttive del momento.
Lo smartworking rappresenta un’opportunità sia per i lavoratori sia per gli imprenditori: i primi possono godere della libertà di lavorare dove e quando desiderano, mentre le aziende potranno ridurre il personale presente in modo permanente e, di conseguenza, gli spazi, con una contrazione netta dei costi. Inutile dire che l’apporto della tecnologia da utilizzare a casa sarà uno dei requisiti fondamentali per raggiungere i risultati e gli obiettivi fissati dall’azienda. Questo tipologia di lavoro è già in voga in alcune multinazionali americane e non. Un’indagine svolta dal Politecnico di Milano rileva che lo smartworking garantirebbe una crescita della produttività pari al 5,5%, rendendo le aziende più competitive, e procurerebbe una maggiore ricchezza pari a 27 miliardi di Euro. Inoltre, le aziende potrebbero ridurre i costi di 10 miliardi di Euro, derivanti dalla contrazione degli spazi adibiti a uso ufficio. Tuttavia, prima dell’approvazione della proposta di legge, permangono alcuni nodi ancora da sciogliere relativi al facilitare l’allestimento delle postazioni lavorative a casa, alla tutela dei lavoratori e all’estensione dell’assicurazione e, infine, il calcolo della retribuzione del lavoro straordinario.
Conoscendo la tempistica italiana, è il caso di dire chi vivrà vedrà!
Laura Bonani
