L’Italia oggi non è il posto più semplice dove fare innovazione. La burocrazia la conosciamo bene e non è agevole. Gli investimenti non sono poi così tanti: nei primi sei di quest’anno le startup italiane hanno raccolto 86,2 milioni di euro, in Francia, tanto per fare un raffronto 600 milioni. E queste sono le cattive notizie. Poi ci sono quelle buone, le tante startup “made in Italy” che, malgrado tutto, hanno saputo distinguersi in Italia e all’estero, fanno business e offrono opportunità di lavoro. Abbiamo selezionato due (belle) storie da raccontarvi e cosa possono insegnarci.
Mosaicoon
Una delle più belle parabole di aziende hitech del nostro Paese non viene dalla Milano avanguardistica, ma dalla Sicilia, da Palermo. È lì che ha fatto le sue fortune uno startupper che risponde al nome di Ugo Parodi Giusino. Dopo la laurea al DAMS cinema, apre una piccola casa di produzione video. Ma non ha tanti soldi, solo 10mila euro e un seminterrato di due stanze dove iniziare a produrre video virali destinati alle aziende. Mosaicoon nasce nel 2010 come un mercato online dove le aziende possono trovare tutti i professionisti di cui hanno bisogno (musicisti, produttori, registi) per realizzare video pubblicitari.
Nel tempo la startup si è evoluta e si occupa anche di canali di distribuzione. Nei primi anni le cose sono complicate, ritmi allucinanti e problemi, ma Ugo non si arrende e va avanti per la sua strada. Parla del suo progetto ad amici, familiari, e ai venture capitalist che iniziano a credere in un ragazzo tanto tenace e gli danno fiducia, con due investimenti di 600mila euro e 2,4 milioni, l’ultimo di 8 è arrivato quest’anno.
Oggi la startup è ormai un’azienda a tutti gli effetti. Nel 2014 ha fatturato 3,4 milioni di euro. Ha clienti in tutto il mondo (ha lavorato con Paramount, McDonald’s, Gatorade, Mercedes-Benz). Ha 800 milioni di utenti finali, 20mila publisher usano la sua tecnologia. E ancora tanti numeri, con 80 dipendenti, 8 sedi in 5 nazioni.
Tutto ottenuto senza mai tradire la Sicilia. Il dipartimento creativo resta a Palermo. Per accogliere nel migliore dei modi i suoi collaboratori, Ugo ha aperto un open space di 4mila mq con vista mare, una struttura che non ha nulla da invidiare a Google e agli altri grandi della Silicon Valley. Gli 8 milioni di investimenti recenti sono stati confermati nel giorno dell’anniversario della morte di Falcone nella strage di Capaci. Un segno del destino. Lo startupper pensa che il migliore modo per combattere la mafia sia proprio fare impresa, facendo lavorare la sua terra.
Musixmatch
Nel 2008 Max Ciociola, startupper nato in Puglia, riflette su un dato: la parola più cercata su Google, dopo Facebook e YouTube, è lyrics, che in italiano significa “testi delle canzoni”. E pensare che non esisteva ancora un’app che permettesse di consultarli sullo smartphone.
Max pensa di realizzarla lui e ha esperienza da vendere per muoversi nel mondo delle app. Imprenditore lo è dall’età di 18 anni, da quando fonda un’azienda, la Wireless Solutions che si specializza proprio nel mondo dell’intrattenimento su mobile. Il progetto è valido tanto che viene acquistato da una famosa Internet Company del tempo, Dada, e Max si ritrova a coprire ruoli manageriali tra Spagna e America Latina.
Poi nel 2008 l’idea che gli avrebbe cambiato la vita. Impiega due anni per realizzarla. A sostenerlo Gianluca Delli Carri, suo socio nell’impresa. Musixmatch, il servizio che permette di consultare i testi di tutte le canzoni in circa 40 lingue, nasce nel 2010. E da quel momento è una cavalcata verso il successo.
I numeri sono strepitosi: 60 milioni di utenti, un team di 30 persone e 10 milioni di finanziamenti complessivi, e il milione di euro di fatturato superato e tante partnership come quella con Spotify, poi interrotta lo scorso anno. Tanta roba per Max che ha avuto recentemente anche l’onore di essere citato come un esempio da seguire da Mark Zuckerberg che nella sua recente visita a Roma ha parlato di Max per evidenziare come la tecnologia “permette di emergere ovunque”. E quale migliore esempio di un pugliese, nato a Foggia, che va a Bologna per studiare ingegneria e crea da zero due aziende di successo.
Il mito della startup che arriva facilmente è falso. Non è un percorso lineare, è stressante, pieno di sacrifici e momenti di crisi. Ma la nostra storia dimostra che è possibile farcela. Anche in Italia, ha dichiarato alla stampa.
5 insegnamenti di una startup di successo
Sono tanti gli insegnamenti che chi sogna di fare il business della vita può trarre dalle storie di Ugo e Max. Abbiamo provato a riassumerli con cinque punti.
- Startup significa anticipare i trend. L’uno con i video virali, l’altro con le app, hanno capito in anticipo in che direzione sarebbe andato il mercato. Come poterli imitare? Solo due modi, studiare e osservare quello che succede intorno.
- Startup significa rispondere a un bisogno. Ugo ha risposto alle esigenze delle aziende che cercavano mezzi più originali per promuoversi e arrivare al cuore di un pubblico giovane. Max ha dato soluzione alla frustrazione dell’utente ogniqualvolta cercava un testo online. Se non risponde a un bisogno, un’idea non è valida e sarà destinata a fallire.
- In una startup i soldi arrivano quando li meriti. Ugo e Max non sono andati subito alla ricerca di finanziamenti. Hanno prima atteso, tra mille sacrifici economici e di tempo, di avere un prodotto valido da presentare. Se hai solo un’idea farai fatica a trovare fondi.
- Startup: il mercato è globale, guarda all’estero. L’Italia rappresenta un mercato ancora troppo piccolo per pensare di potere fare un business sul digitale e avere successo. Molti consumatori non sono ancora abituati ad acquistare online. Sia Max che Ugo hanno sempre ragionato nell’ottica di creare un prodotto facilmente esportabile.
- Si può fare ovunque una startup di successo. Che l’Italia non è la Silicon Valley lo abbiamo già scritto. Eppure le storie di Max e Ugo ci dicono che puoi fare una startup di successo ovunque. Con tenacia e voglia di riscatto. Con la tecnologia puoi emergere ovunque.