È la culla in cui vengono allevate le startup. Si chiama incubatore e offre servizi, spazi e soldi ai progetti innovativi che muovono i primi passi. In Italia sono una quarantina quelli certificati, da Nord a Sud del Paese. Vediamo quali sono i migliori, come sceglierli e accedere, che tipologia di servizi offrono e cosa chiedono in cambio.
Da soli è difficile quando si inizia
Non tutte le startup hanno bisogno di iniziare un percorso in un incubatore. Ci sono quelle già strutturate che hanno al loro interno tutto quello di cui hanno bisogno per crescere (team, soldi, revenue). Ma questi sono casi rari. Se hai in mente di realizzare una tua idea nel cassetto è molto probabile che tu sia alla ricerca di un team, che tu non abbia molti soldi per avviare la startup. E che tu non sappia come guadagnare con il tuo progetto. Se ti trovi in uno di questi casi descritti, non c’è alcun dubbio: hai bisogno di un incubatore. Lì infatti troverai le professionalità, i servizi (come il coworking) e anche una prima forma di finanziamento che ti aiuterà a capire se il tuo progetto sta a galla oppure è destinato a sprofondare.
Come scegliere l’incubatore giusto
Non devi fare l’errore di proporti a qualunque tipo di incubatore, ma selezionare quello più adatto prima di fare domanda di accesso. Come puoi fare? Devi, innanzitutto, informarti. Parti dal sito e capisci se i servizi offerti sono quelli di cui hai bisogno, per esempio. Se la struttura è focalizzata sul settore di business che hai deciso di percorrere con la tua startup. Ti anticipiamo che spesso non troverai ognuna di queste informazioni sul sito Internet dell’incubatore. Allora dovrai andare più a fondo nella ricerca e “studiare” le startup che sono già all’interno dello spazio. Così potrai capire velocemente di quali tipo di idee è alla ricercal’incubatore e offrirti solo a quelli che potrebbero essere realmente interessati al tuo tipo di business.
Cosa offre l’incubatore e come accedere
In genere, dopo essere stati scelti, l’incubatore offre una somma (un seed, fino a 80mila euro). Di questi in genere una parte è in soldi contanti, un’altra è in servizi (consulenze in comunicazione e marketing o business management, spazi di coworking, eventi per fare networking o incontrare potenziali investitori…). In cambio l’incubatore chiede una quota della startup. Di solito siamo intorno a una percentuale che si aggira tra l’otto e il dieci per cento.
Le selezioni per entrare possono essere a volte anche molto dure. Ognuno dei maggiori incubatori italiani (tra poco vedremo quali sono) valuta migliaia di startup ogni anno e di queste ne seleziona nell’ordine delle decine. I colloqui in genere avvengono in due fasi:
- Una prima nella quale lo startupper invia del materiale (di solito delle slide o un video se richiesto) dove presenta l’idea, offre qualche numero sul mercato di riferimento e poi descrive il team e le competenze.
- Una seconda in cui avviene, di solito un colloquio via Skype, con un business analyst che valuta la capacità dello startupper di relazionarsi e fare networking.
In genere gli elementi che fanno la differenza sono il team (che spesso riveste un ruolo più importante dell’idea), l’innovazione che il progetto porta nel mercato e la scalabilità del business, la capacità ovvero di espandersi velocemente su altri mercati.
Quali gli incubatori maggiori in Italia
Come abbiamo anticipato sono una quarantina gli incubatori in Italia (qui una lista completa), ma sono cinque quelli che hanno saputo distinguersi negli anni. Vediamo quali sono in ordine alfabetico.
Digital Magics: sedi a Milano, Bari, Napoli, Palermo, Roma e nel Triveneto, l’incubatore fondato da Enrico Gasperini e Alberto Fioravanti, offre servizi di consulenza e accelerazione a startup e imprese. Tra le startup incubate negli anni c’è Buzzoole, il servizio che mette in contatto gli influencer del web e le aziende che ha raccolto due milioni di euro.
H-Farm: incubatore e campus ha sedi in Italia (a Treviso), Usa, India e Regno Unito. Fondato da Riccardo Donadon ha due programmi, uno per startup, l’altro per le aziende che vogliono internazionalizzarsi. Tra le startup di successo che sono nate nell’incubatore, Depop, l’app che mette in contatto privati che vogliono vendere e scambiarsi oggetti. L’impresa ha sei milioni di utenti e ha raccolto 25 milioni di dollari da investitori italiani e internazionali.
Luiss Enlabs: la fabbrica delle startup romana è nata da una collaborazione fra LVenture Group, venture fondato da Luigi Capello, e l’università Luiss di Roma. Ogni anno segue 12 startup all’interno di un programma di accelerazione di cinque mesi. Tra le startup di maggiore successo negli ultimi anni c’è Codemotion, la startup che organizza eventi tecnologici e di formazioni rivolti agli sviluppatori europei, che ha raccolto recentemente un finanziamento di 1,5 milioni di euro.
Nana Bianca:sede a Firenze per “lo startup studio” fondato da Paolo Barberis, Alessandro Sordi e Jacopo Marello. I settori in cui opera sono advertising, marketing digitale e applicazioni mobile. Ed è proprio nell’ultimo campo che ha contribuito alla nascita di una delle startup italiane di maggior successo in questi anni: MusixMatch, l’app che offre il più grande catalogo al mondo di testi di canzoni: 60 milioni di utenti e finanziamenti per 15 milioni di euro.
TIM #WCAP: sedi a Milano, Roma, Bologna, Catania, perl’acceleratore creato dall’azienda di servizi telefonici. Fino a oggi ha supportato più di 260 startup e assegnato 5,5 milioni di euro. Tra le startup che ha incubato Pedius, l’app che aiuta i sordomuti a comunicare via telefono, che ha raccolto recentemente 1,4 milioni di euro.